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Bushido, l’antico codice morale dei samurai

bushido seppuku rituale

Il Bushido (武士道) significa letteralmente “la Via del Guerriero” e indica il codice di condotta etica e morale dei guerrieri giapponesi samurai. La parola è composta dai caratteri di 武士, “bushi”, che significa guerriero ed è un termine più generale rispetto a samurai (侍, colui che serve”), e dal segno 道 che si può tradurre con via, strada, ma anche disciplina o morale.

I principi di questo codice vanno al di là della disciplina militare e si soffermano dettagliatamente, invece, sul comportamento, sulla morale e sulla forma mentis del guerriero. Il Bushido è considerabile una sorta di vademecum per il perfetto samurai, e ancora oggi affascina i curiosi di tutto il mondo.

Scopriamolo insieme !

La storia del Bushido

Non si sa con certezza quando si sia formata la morale dei samurai, ma è stato un lungo processo durante il quale i precetti marziali hanno subito forti influenze dal Confucianesimo e dal Buddhismo, divenendo sempre più astratti e filosofici. Il Bushido si è diffuso a macchia d’olio in tutto il Giappone specialmente durante lo shogunato Kamakura (1185-1333) e il Periodo Muromachi (1333-1573), epoche in cui il potere dei generali Shogun sostituì quello dell’aristocrazia.

Il Bushido, tuttavia, fu tramandato in maniera prevalentemente orale sino alla fine del XVI secolo, anno in cui fu menzionato per la prima volta nel testo “Kōyō Gunkan” (甲陽軍鑑), che raccoglie le strategie militari e le tecniche usate dal clan Takeda durante l’Era Sengoku (1467-1603).

Un testo storico

Il secondo testo storico fondamentale del Bushido è “Hagakure” (葉隠), un libro risalente al 1716 e contenente gli insegnamenti che il samurai Yamamoto no Tsunetomo passò al suo giovane allievo, Tashiro Tsuramoto (questo libro è una delle letture più amate da chi pratica kendō e arti marziali giapponesi in generale).

Il Bushido non era un codice di regole da imparare a memoria, e neanche una serie di tecniche da acquisire una volta per tutte per diventare “veri guerrieri”. Si trattava di valori che andavano perseguiti e praticati sempre, in ogni ambito della vita, sino alla morte. La pena per chi non rispettava i dettami del Bushido era la perdita dell’onore, una macchia così grande che poteva essere lavata via solo con il sangue di un suicidio rituale, il famoso “seppuku” (切腹, suicidio per sventramento).

La forma definitiva

Ovviamente, non tutti i samurai mettevano in pratica il Bushido: molti di essi, specialmente fino alla fine dell’Era Sengoku, erano spietati assassini che non si facevano alcuno scrupolo nel tradire alleanze e attaccare i nemici in modo subdolo e molto poco onorevole. Nell’Era Edo (1603-1869), un periodo di relativa pace, in cui le guerre e i combattimenti diminuirono drasticamente, i guerrieri si ritrovarono a dedicare molto più tempo alle pratiche culturali e filosofiche e fu in questo momento che il Bushido prese la sua forma definitiva.

Il libro forse più conosciuto riguardante il Bushido, tuttavia, è il “Libro dei Cinque Anelli”, scritto dal leggendario rōnin (samurai senza padrone) Miyamoto Musashi. In questo testo, lo spadaccino parla dell’arte del duello declinato secondo i cinque elementi fondamentali giapponesi (Terra, Acqua, Fuoco, Vento e Vuoto) ed è considerato molto più simile a un trattato filosofico che a un testo di arti marziali.

Dalla ristorazione Meiji ai giorni nostri

In seguito alla Restaurazione Meiji (1864-1869), quando la casta guerriera fu abolita e il potere, dopo secoli di dittatura militare,  ritornò nelle mani dell’Imperatore, il Bushido divenne parte di un indottrinamento sistematico della popolazione. I valori di lealtà e onore furono trasmessi a tutti i ceti sociali al fine di far nascere un forte senso di patriottismo e rafforzare l’idea di dover rimanere fedeli all’Imperatore in qualsiasi circostanza, anche quando ciò significava andare incontro alla morte. Fu questo genere di morale a far perire migliaia di giovani piloti suicidi, i famosi “Kamikaze”, durante la Guerra del Pacifico.

Con la fine della Seconda Guerra Mondiale e il ritiro dell’Imperatore dalla scena politica, il Bushido è tutt’altro che scomparso. Sebbene in forma più lieve e non codificata, gli antichi valori dei samurai oggi persistono nell’ambiente lavorativo giapponese, che è fortemente piramidale e conservatore. In linea generale, i lavoratori dedicano tutta la loro vita (inclusa buona parte del tempo libero) per perseguire il bene dell’azienda. Oggi molte cose stanno cambiando e tanti giovani non si lasciano più condizionare da questa mentalità, ma nelle fasce più mature della popolazione permane ancora l’idea che non importa quanto siano dure le condizioni di lavoro, si debba sempre rimanere fedeli all’azienda che ci ha assunti, senza mai cambiarla, sino alla pensione. Un po’ come facevano i samurai con i loro signori.

I valori del Bushido

Ma quali sono i sette valori principali del codice militare giapponese? Ve li spieghiamo qui sotto.

  • “Gi” (義)Onestà e Giustizia: il discernimento tra ciò che è giusto ed è sbagliato e l’assoluta onestà nei rapporti umani . Questo principio va al di là del semplice “non mentire”, ma incita a formare un proprio pensiero su ciò che è realmente giusto e a seguirlo fino alla morte.
  • “Yū” (勇)Eroico Coraggio: il samurai deve agire con coraggio e andare incontro a qualsiasi pericolo, purché ciò sia fatto con intelligenza e senso dell’onore. Il guerriero che corre rischi inutili o si lancia in imprese stupide è disonorevole.
  • “Jin” (仁)Compassione: il samurai è un essere reso forte dall’addestramento, ed è suo dovere mettere questa forza a disposizione dei più deboli. Il guerriero deve cogliere ogni occasione possibile per dimostrare compassione e, qualora l’occasione non si presentasse, deve crearla.
  •  “Makoto” (誠)Completa Sincerità: Per un samurai, parlare e agire sono la medesima cosa. Il guerriero non deve promettere niente, perché compierà sempre ciò che dice. Non rispettare la parola data è un’alta forma di disonore.
  • “Meiyo” (名誉)Onore: Le decisioni prese e le azioni che ne conseguono sono uno specchio di chi si è in realtà. Se le azioni che compiute da una samurai gli recano disonore, è suo compito giudicare sé stesso e punirsi di conseguenza.
  • “Rei” (礼)Gentile Cortesia: il guerriero non ha motivo di comportarsi con crudeltà e non deve dare prova della propria forza a tutti costi e si dimostra gentile anche con i propri nemici. Il samurai viene rispettato non solo per come combatte, ma anche per come si comporta nelle relazioni umane e come gestisce i conflitti senza combattere.
  • “Chūgi” (忠義)Dovere e Lealtà: il guerriero samurai deve rimanere fedele fino alla morte verso coloro di cui si prende cura. È pronto a sacrificare la propria vita verso ciò di cui è responsabile, si tratti di azioni compiute o di persone a cui è legato.

Il samurai che non avesse rispettato questi dettami, doveva riscattare il proprio buon nome compiendo l’estremo gesto del seppuku. Questo suicidio rituale, tipico della casta guerriera giapponese, consisteva nell’inginocchiarsi a terra e tagliarsi il ventre con il “tantō” (短刀), la più corta delle tre spade del samurai.

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Donatella Longati

Ho sempre ammirato i Samurai, sono una donna ho passato tanti dolori ma ne sono uscita più forte.

Silvana

Onna Bugeisha.


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